Come divenni un apicoltore

Negli ultimi 10 anni è cambiato il modo di approcciarsi dell’uomo alla vita quotidiana. Il “baretto” del paese, che prima era un punto di ritrovo in tutte le parti d’italia, ha fatto spazio ai “social network”, ai “gruppo di whatsapp” etc.. come luoghi virtuali di aggregazione.

Cambiamento positivo ? non lo sappiamo, tuttavia chi ha vissuto quegli anni ha sempre un ricordo stupendo dal leggero tono malinconico di quei momenti.

Se parlassimo con “noi stessi” di 10-20 anni fa probabilmente nascerebbe un dibattito che che porterebbe a un confronto tra lati positivi e negativi, piuttosto che punti in comune. “Si stava meglio quando c’erano le 1000 lire! …:”

In apicoltura questo succede molto raramente (se non si parla di produzioni), e ascoltare i racconti del passato da apicoltori moderni sembra quasi essere parte di una storia già scritta.

Ecco quello che scriveva un apicoltore 100 anni fa

L’ARTICOLO dell’apicoltore del 1924.

Una passione per l’apicoltura fu destata in me dalla lettura della Rivista l’universale del Buon Consigliere (cui fui abbonato dal 1902 al 1915 la quale, in varie puntate dava spiegazioni su questa industria, pubblicando fotografie del sig. Ricciatelli, del conte Visconti e di altri, e dando indicazioni di manuali ecc.
in tal modo fui tentato di dedicarmi alle api, con la speranza di potermi formare in breve un discreto apiario. Cominciai nel 1909, acquistando quattro bugni villici, che travasai alla bell’emeglio secondo le indicazioni di un manuale indicalo dalla Rivista, intelaiando favi con stecchette di canna inchiodale ecc li primo anno naturalmente raccolsi poco o nulla, dato anche che ero novizio ed assai a digiuno delle cognizioni necessarie.
A poco a poco raggiunsi (nel 1915) il numero di 16 arme; scoppiata la guerra, dovetti abbandonare tutto, causa il servizio militare. Fortunatamente le mie sorelle, appassionate anch’esse di apicoltura ed un poco impratichite, mi sostituirono nel governo dell’apiario, tanto che. al mio ritorno, trovai che era aumentato di 6 famiglie. Ora mi trovo con 50 famiglie nei pressi della mia casa d’abitazione 20 ne ho alla distanza di circa 4 chilometri.
Le arnie le ho costruite tutte da me. sul modello di una che acquistai: cosi pure telai, tettoie, cassette pigliasciaimi e molti altri attrezzi ho costruito da me e mene sono trovato bene.
Ho letto molti trattati, ma di quanto ho trovato scritto ho voluto sempre fare l’esperimento, scegliendo quindi quanto mi sembrava di trovare più utile al bene dell’ape.
Non so se sia per la località o per il modo di governare l’apiario o per altro, ma è fallo che nei dintorni nessun collega raccoglie come me. Qui da noi la media del raccolto è di 20 chili per arma; nel 1922 a causa della siccità ne raccolsi solo 10 per melario mentre nudo scorso anno, in cui la stagione la più favorevole, ne raccolsi 40 per melario.
Nelle mie arnie lascio ben poche rosette da fuchi, poiché in primavera, quando faccio la visito minutamente a tutti i favi, taglio via dei pezzi di favo da fuco, inserendone di quelli femminili; così pure faccio nei telaini da melario.
Appena s’avvicina l’autunno tolgo melari e copro l’arnia con trapunte fatte tutte di cenci ben compressi e cuciti: benché molti colleghi mi dicano essere inutile coprire le arnie. In primavera poi tolgo tutto ed a suo tempo rimetto i melari.

L’apicoltore 1924. (Ringraziamo Alice che ci ha condiviso questo articolo)

Che sensazioni ti ha lasciato questo articolo ? malinconia ? o ti sei sentito parte della storia ?

I bugni sono scomparsi, la tecnica si è migliorata ma le basi sono rimaste le stesse. La tecnica e la passione durano da piu di 100 anni.

Quando pensi all’ape, pensa anche all’apicoltura.

Apicoltura Varesina